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Trauma psichico

Le informazioni contenute in questo articolo sono di natura scientifico-divulgativa e non si sostituiscono alla valutazione professionale che deve tenersi in un setting clinico adeguato.

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Tempo di lettura: 6 minuti

 

Il dolore della ferita

La parola trauma deriva dal greco τραũμα e significa ferita. Le ferite della psiche, i cosiddetti traumi psichici, sono a tutti gli effetti esperienze incarnate, che si esprimono cioè anche nei vissuti corporei della persona. Come dice van der Kolk, uno dei massimi esponenti nello studio del trauma:

“le esperienze traumatiche lasciano, però, tracce sia su larga scala (nella storia e nella cultura) sia nella quotidianità, all’interno delle nostre famiglie, con segreti oscuri, tramandati in modo impalpabile nel corso delle generazioni. Lasciano tracce anche nella mente e nelle emozioni, nella nostra capacità di provare gioia e di entrare in intimità e, persino, nella biologia e nel sistema immunitario.” (van der Kolk, 2015, 3).

Il trauma non colpisce solo chi ne è direttamente interessato ma anche le persone ad esso vicine quindi essere sottoposti a minacce fisiche o psicologiche o vedere tale esposizione in un altro essere umano con cui si ha una stretta relazione affettiva può diventare ugualmente un vissuto traumatico. Il trauma, per definizione, è insopportabile e intollerabile (van der Kolk, 2015, 3).

 

Cosa può dare origine a un trauma?

  • minaccia alla sopravvivenza: qualsiasi evento che venga letto dalla persona come un pericolo sovrastante, reale o potenziale, alla propria sopravvivenza fisica e/o psicologica. La sopravvivenza è il principio cardine della nostra evoluzione, è un “imperativo biologico” (Dana, 2019, 4).
  • mancato senso di sicurezza: ciò che ricerca il sistema nervoso autonomo ed è ciò che viene a mancare quando sottoposti a un evento traumatico.
  • percezione e soggettività: “la percezione è più importante della realtà” (Dana, 2019, 5) ovvero non sono i fatti in sé a creare le conseguenze traumatiche ma il modo in cui l’individuo con la propria soggettività li ha percepiti.

 

Cosa si attiva?

  • sistema nervoso autonomo: è alla base della nostra esperienza di vita. Esso è un sistema malleabile che viene influenzato dalle prime esperienze relazionali ma può rimodellarsi con le successive inoltre è gerarchicamente ordinato e le risposte di difesa in situazioni di pericolo sono selezionate dall’evoluzione. Esso è costituito da due branche principali, quella del sistema nervoso simpatico e quella del sistema nervoso parasimpatico e da tre vie di risposta ai segnali e alla sensazioni. Partendo dalla via più antica e andando alla più moderna, troviamo:
    1) il sistema nervoso parasimpatico vago dorsale (difese passive, immobilità collasso)
    2) il sistema nervoso simpatico (difese attive, attacco-fuga)
    3) il sistema nervoso parasimpatico vago ventrale (ingaggio sociale – sensazioni di sicurezza)
    Di fronte a una minaccia vi è una ulteriore possibilità di risposta, tipica dei mammiferi (e quindi dell’uomo) che si presenta con frequenza, ovvero il freezing. Nel freezing l’individuo sperimenta contemporaneamente l’attivazione del sistema nervoso simpatico e quindi mobilizzazione e del sistema nervoso parasimpatico vago dorsale e quindi immobilizzazione. Per comprendere meglio il vissuto immaginiamo una persona immobilizzata ma con il cuore che batte all’impazzata. Le risposte di difesa agli stimoli minacciosi che il sistema nervoso autonomo genera sono automatiche e adattive e sono tutte a capo di questo principio: “Ogni risposta è un’azione al servizio della sopravvivenza” (Dana, 2019, 5).

 

Cosa influisce?

  • sistema motivazionale interpersonale dell’attaccamento: è uno dei frutti dell’evoluzione ed è specializzato nel regolare le più basilari forme di relazione sociale plasmandosi con l’apprendimento. Questo sistema motivazionale interpersonale (SMI) innato se potesse esprimersi a parole direbbe: “Quando ti trovi in difficoltà (per stanchezza, paura, dolore, vulnerabilità, ecc.) avvicinati ad un membro conosciuto del tuo gruppo sociale che ti appaia più forte o più saggio di te” (Liotti, 1994, 39). Le risposte che riceveremo a queste richieste di cura e vicinanza protettiva verranno decodificate in complesse strutture di memoria chiamate Modelli Operativi Interni (MOI), i quali organizzano le espressioni del sistema motivazionale interpersonale dell’attaccamento nella direzione della sicurezza, dell’insicurezza e della disorganizzazione.
    Tale sistema si è sviluppato in un periodo evolutivo successivo al più antico sistema di difesa (vedi sistema nervoso autonomo), entrambi però svolgono una funzione protettiva di sopravvivenza benché in due diversi modi. Lo SMI dell’attaccamento chiede protezione attraverso l’ingaggio sociale e relazionale, esso ha a che fare con quella parte del cervello umano che condividiamo con i mammiferi, il “cervello limbico”, sviluppatosi circa 100-120 milioni di anni fa. Il sistema di difesa invece mette in atto risposte automatiche che non passano dai livelli di consapevolezza conscia, esso ha a che fare con la parte più antica del nostro cervello, quella che condividiamo con i rettili, il “cervello rettiliano”, sviluppatosi più di 200 milioni di anni fa (MacLean, 1984).
    Nelle prime interazioni con la persona deputata a proteggerci e a fornirci cura e conforto in caso di bisogno (di solito la madre ma non necessariamente) si possono generare precoci ferite relazionali. Infatti, se le risposte che si ricevono dalla madre (o da chi si prende cura del piccolo) non sono adeguate alla richiesta di cura e vicinanza protettiva e anzi diventano esse stesse una minaccia, si crea nel bambino un profondo contrasto dato dalla simultanea attivazione del sistema di difesa che indica di allontanarsi da quella persona e dal sistema dell’attaccamento che invece indica di avvicinarsi alla stessa per cercare cura e protezione. I due sistemi motivazionali innati entrano dunque in un “irrisolvibile conflitto” (Liotti e Farina, 2011, 82). In questo tipo di situazione si parla di trauma relazionale precoce. Esso potrebbe costituire, nell’arco della vita, un maggiore fattore di rischio per la persona di sviluppare patologie correlate a traumi.

 

Cosa si prova?

  • impotenza, vergogna, colpa: sono le complesse emozioni che più spesso accompagnano un vissuto traumatico. Ci si sente impotenti difronte alla minaccia. Si prova vergogna per quanto accaduto. Ci si sente in colpa e si viene spesso colpevolizzati per come si è reagito alla minaccia.

 

Cosa può aiutare?

  • supporto sociale: è un elemento che gioca un ruolo chiave nel mitigare gli effetti del trauma sulla persona.
  • compassione: è lo sguardo non giudicante ma accogliente con cui guardare alle risposte di difesa messe in atto dal sistema nervoso autonomo.

 

Bibliografia:

Dana D. (2019), La teoria polivagale nella terapia. Prendere parte al ritmo della regolazione, Giovanni Fioriti Editore, Roma.

 

Liotti G. (1994), La dimensione interpersonale della coscienza, La Nuova Italia Scientifica, Roma.

 

Liotti G. e Farina B. (2011) Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa, Raffaello Cortina Editore, Milano.

 

MacLean P.D. (1984) Evoluzione del cervello e comportamento umano. Studi sul cervello trino, Giulio Einaudi Editore, Torino.

 

Van der Kolk B. (2015), Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Raffaello Cortina Editore, Milano.

 

Isabella Deambrosis

Psicologa Psicoterapeuta ed Esperta in Sessuologia Clinica

Il mio approccio alla sofferenza è fatto di parole prudenti e misurate che non arrechino turbamento inutile, parole rispettose della persona che di fronte a me sta condividendo, spesso con fatica, pagine della propria vita. Su questi valori si fonda la mia idea di relazione terapeutica.

Scrivo questo blog perché mi piace condividere informazioni che possano essere utili a chi sente di avere difficoltà e non sa come spiegarsele, vorrei aiutare le persone a trovare delle prime parole che possano delineare una cornice di riferimento a quello che provano e sarebbe bello che questo blog potesse rappresentare un approdo per tutti coloro che sono curiosi e amano avere nozioni sulla “psiche” e il suo funzionamento.

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