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Trauma e Sonno

Le informazioni contenute in questo articolo sono di natura scientifico-divulgativa e non si sostituiscono alla valutazione professionale che deve tenersi in un setting clinico adeguato.

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Tempo di lettura: 4 minuti

Le esperienze traumatiche possono avere impatto anche sul sonno

 

Il sonno è uno dei più importanti aspetti della nostra vita, esso influenza il nostro benessere e anche la nostra longevità. Il sonno può migliorare l’apprendimento, le capacità mnemoniche, le decisioni logiche ma non solo, influenza l’umore e i livelli di energia, le emozioni, il sistema immunitario, sintonizza il nostro metabolismo e regola l’appetito. Inoltre aiuta a riequilibrare gli ormoni, agisce nel prevenire il cancro, l’Alzheimer e il diabete.

Una minaccia alla nostra sopravvivenza (per maggiori info si veda l’articolo  Trauma psichico) invece attiva il sistema nervoso autonomo con l’obiettivo di mettere in sicurezza la persona dal pericolo soverchiante al quale è stata esposta. Questo comportamento innato è un “imperativo biologico” ovvero un mandato, un’indicazione selezionata dall’evoluzione che in situazioni a rischio di sopravvivenza spinge a metterci al riparo, scappare, nasconderci o rimanere fermi. La struttura del cervello deputata a innescare questa risposta fisiologica rapida e temporanea è l‘amigdala, la quale, a sua volta è collegata all’ipotalamo, struttura cerebrale interessata al funzionamento del sistema nervoso e delle emozioni. L’interconnessione di queste due aree genera una risposta a cascata che ha lo scopo di preparare l’individuo ad affrontare lo stress (la minaccia), infatti, grazie all’interazione tra ipofisi e ghiandole surrenali si determina la secrezione del cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Questa attivazione nota come asse ipotalamo-ipofisi-surrene permette all’organismo di recuperare le risorse fisiche necessarie al superamento della minaccia.

 

Ma perché funzioniamo così quando sottoposti a una minaccia per la nostra sopravvivenza?

L’ipotesi accreditata in ottica evoluzionistica è che gli esseri umani condividono alcune parti del cervello con i propri antenati ma anche con gli altri mammiferi e con i rettili (per maggiori info si veda l’articolo Trauma psichico). Il nostro sistema nervoso autonomo quindi risponde alle minacce come se di fronte a noi ci fosse una tigre dai denti a sciabola. A tal proposito lo scopo dell’ormone dello stress è quello di attivare una serie di reazioni fisiologiche con il fine di scappare dal predatore (la minaccia) preparando il corpo a combattere o fuggire (attacco-fuga) indirizzando cioè il flusso sanguigno nelle braccia e nelle gambe, le parti del corpo utili a mettersi in salvo dal pericolo. Ne consegue che l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene riduce il consumo di energia da parte del sistema digerente (non è utile alla sopravvivenza avvertire lo stimolo dell’appetito se siamo in pericolo), determina la concentrazione di glucosio nel sangue e blocca il sistema immunitario. In questa condizione di allarme le nostre capacità di pensiero razionale scemano a favore di reazioni innate biologicamente selezionate per la sopravvivenza.

A differenza degli animali, però, l’essere umano non è in grado di dimenticarsi del pericolo in tempi brevi e anzi nel ricordare l’evento traumatico spesso ne amplifica gli effetti. La possibile conseguenza dell’essere stati esposti a una minaccia che non ha ci ha dato la possibilità di fronteggiarla adeguatamente da farci sentire al sicuro è che inizieremo a sperimentare i vissuti legati al trauma (per maggiori info si veda l’articolo Trauma psichico). Si avrà una maggiore sensibilità ai segnali potenzialmente minacciosi provenienti dal mondo con lo scopo di prevenire e proteggerci dal pericolo. Questo però porterà a uno stato di costante allerta, di attenzione ipervigile e di guardia.

La nostra capacità di abbandonarci al sonno, in quello che potrebbe apparire come un “atto di resa”, risulterà estremamente difficile andando a interferire sugli effetti benefici e ristoratori dello stesso. Tuttavia è insostenibile mantenere una protezione cronica dunque è possibile che la persona vada incontro a un crollo che è molto diverso dal dormire riposati.

In uno stato di allerta 24/7 il sonno diventa difficoltoso se non impossibile perché disturbato da improvvisi flashback e incubi che riaffiorano alla coscienza. È frequente la difficoltà ad addormentarsi (insonnia da addormentamento) o a mantenere il sonno a causa di risvegli intermittenti associati a incubi, a preoccupazioni collegate con la sicurezza o a un livello elevato di arousal (livello di attivazione psicofisiologica) che interferisce con la qualità del riposo (insonnia centrale). L’individuo può sperimentare inoltre risvegli precoci, riducendo così le ore dedicate al ristoro (insonnia da risveglio precoce o terminale) inficiandone la funzione benefica.

 

Gli effetti del trauma sul sonno risultano evidenti e creano un circolo vizioso che autoalimenta il loro mantenersi con effetti negativi sul benessere psicofisico della persona.

Prendersi cura del trauma significa prendersi cura anche del proprio sonno e quindi del proprio stato di salute.

 

 

Bibliografia:
American Psychiatric Association. (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth edition, DSM-5, American Psychiatric Publishing, Arlington, VA [trad. it. Biondi M. (a cura di) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DMS-5, Raffaello Cortina Editore, Milano].

Lipton B. (2022), Trauma and the gift of sleep, Sleep Super Conference 2022, Conscious Life.

Walker M. (2017), Why we sleep. Unlocking the power of sleep and dreams, Scribner, New York.

Isabella Deambrosis

Psicologa Psicoterapeuta ed Esperta in Sessuologia Clinica

Il mio approccio alla sofferenza è fatto di parole prudenti e misurate che non arrechino turbamento inutile, parole rispettose della persona che di fronte a me sta condividendo, spesso con fatica, pagine della propria vita. Su questi valori si fonda la mia idea di relazione terapeutica.

Scrivo questo blog perché mi piace condividere informazioni che possano essere utili a chi sente di avere difficoltà e non sa come spiegarsele, vorrei aiutare le persone a trovare delle prime parole che possano delineare una cornice di riferimento a quello che provano e sarebbe bello che questo blog potesse rappresentare un approdo per tutti coloro che sono curiosi e amano avere nozioni sulla “psiche” e il suo funzionamento.

Le informazioni contenute nel blog sono di natura scientifico-divulgativa e non si sostituiscono alla valutazione professionale che deve tenersi in un setting clinico adeguato.